Dead Man Down – Il Sapore della Vendetta

Regia: Niels Arden Oplev
Anno: 2013

Sembrava quasi impossibile che in tempi di vampiri, zombie e supereroi corazzati ci fosse ancora spazio per un genere che – abusato in tutti i modi possibili e ridotto a caricatura di se stesso – potesse regalare ancora emozioni ad appassionati e non. Il thriller, nella sua accezione più pura e dura è finalmente tornato nelle sale a livelli degni di questo nome.
E poi, diciamocelo, ogni tanto un film come questo merita di essere visto. E con attenzione.

A compiere l’opera Niels Arden Oplev, regista svedese che nel 2009 portò sul grande schermo il caso letterario di quegli anni firmato Stieg Larsson, Uomini che Odiano le Donne.
Apparentemente un successo, data la notorietà del romanzo, ma una produzione in tutto e per tutto svedese si rivelò più un azzardo che un trionfo. Ottimo il prodotto ma scarsi i risultati. Insomma un film funzionale come una Volvo ma stabile come un mobile dell’Ikea montato male.
Visto che il potenziale infinito della trilogia di Larsson (in termini di incassi, di pubblico e di produzione) non poteva rimanere confinato solo nel vecchio continente, nel 2011 la MGM, dopo aver acquisito i diritti di Uomini che Odiano le Donne (la saga si era già conclusa in patria con gli altri due capitoli: La Ragazza che Giocava col Fuoco e La Regina dei Castelli di Carta, entrambi del 2009), ha riproposto su scala mondiale la stessa identica pellicola di Oplev, truccata questa volta da blockbuster made in USA, al cui timone abbiamo trovato niente meno che David Fincher (Se7en, 1995) e, nei panni di Mikael Blomkvist, un Daniel Craig appena reduce dal Cowboys & Aliens di J. Fraveau.
Riscontro al botteghino più che soddisfacente ma di Niels Arden Oplev se ne persero le tracce.
Almeno fino ad oggi.

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Forte di una produzione a stelle e strisce e con una sceneggiatura al fulmicotone, Oplev torna in sala con Dead Man Down, un film che, per trama e meccanica narrativa, è stato – forse affrettatamente – definito come la risposta degli anni 2000 a I Soliti Sospetti (di B. Singer, 1995), ma che, a mio modesto avviso, si rifà più alle pellicole newyorkesi di Abel Ferrara (tra le tante King of New York del 1990) che alle vicende di Keaton, “Verbal”, Mc Manaus, Hockney e Fenster. Strizzando l’occhio anche alla american way di Luc Besson e al suo Leòn del 1994.

La trama è costruita in maniera tale da confondere lo spettatore che non si rende conto se sta guarando un film sentimentale o un thriller. Tenendolo, tuttavia, ben inchiodato alla poltrona e conducendolo passo passo in un inferno (interiore) dove colori, ambienti, dialoghi e scene fanno di Dead Man Down uno dei film più interessanti della stagione.
Cupo. Trucido quanto basta. Diretto con gusto tipicamente europeo dove la fotografia è uno dei personaggi principali in grado di far trasfigurare Philadelphia (e i suoi ambienti) rendendola più simile ad una città scandinava che ad una metropoli americana.

Il risultato? Un film che, probabilmente, se fosse stato girato nel vecchio continente avrebbe avuto il sapore di un noir moderno, focalizzato più sul tormento interiore dei personaggi che sulla vicenda che li coinvolge. Ma, sfortunatamente, il film è stato realizzato “all’americana” e, si sa, agli americani piace esagerare. E qualcosa che poteva benissimo funzionare senza eccessi viene, invece, macchiato da scricchiolii narrativi che, tuttavia, non ne intaccano la riuscita.
Per realizzare Dead Man Down Oplev ha avuto a disposizione, oltre alla buona sceneggiatura di cui sopra, anche un cast di tutto rispetto. Prima tra tutti colei che deve la sua fortuna proprio al regista e al Suo Uomini che Odiano le Donne, ossia la più che versatile Noomi Rapace (Beatrìce). La quale, dopo aver impersonato la geniale hacker Lizbeth Salander in tutti e tre i capitoli della Trilogia di Millenium (made in Sweden), si è fatta conoscere dal grande pubblico per aver egregiamente interpretato Madame Simza in Sherlock Holmes – Gioco di Ombre di G. Richie (2011) e la combattiva (quanto improbabile) Elisabeth Shaw nel controverso – e non poco criticato – Prometheus di R. Scott (2012).

Al suo fianco il bello e dannato Colin Farrell che, reduce dal nerissimo 7 Psicopatici di M. Mc Donagh (2012), torna a ruoli, forse, lui più congeniali interpretando Victor. In apprenza semplice tirapiedi del boss Alphonse Hoyt ma animato, invece, da uno spirito di vendetta di “dumasiana” memoria per la morte di moglie e figlia. A chiudere le fila del cast: Terrence Howard/ Alphonse (già visto nel primo Iron Man di J. Favreau, 2008), una fugace apparizione di Armand Assante (Terzo Grado di S. Lumet, 1980) e l’inossidabile Isabelle Huppert (recentemente ammirata in Amour di M. Haneke, 2012, e Oscar 2013 come miglior film straniero) nel ruolo della mamma sorda di Beatrìce.

La storia si basa su un assunto semplicissimo. Se sei un criminale e fai cose da criminale ricordati di farle lontano dalle finestre aperte. Perchè ad assistere alle tue malefatte potrebbe esserci una ragazza sfigurata che persegue la sua personalissima vendetta contro chi l’ha ridotta così e dalla quale potresti esser ricattato se non la aiutassi. A quel punto dovresti farti carico non solo dei tuoi cadaveri ma anche di quelli di lei. E i guai potrebbero, così, raddoppiare.

Victor è (diventato) un criminale. Non ha più nulla da perdere. Ha il cuore infranto e coraggio da vendere. Beatrìce ha il viso deturpato, il chiodo fisso di veder eliminato il suo carnefice e la fortuna di essere la dirimpettaia di Victor.
Questo improbabile sodalizio è, però, la chiave che Oplev usa per far in modo che i suoi personaggi giungano alla reale consapevolezza delle loro azioni. Che le cicatrici non spariranno con la morte di chi ti ha investito e la famiglia non ti riabbraccerà dopo aver eliminato tutti i cattivi.

Vendetta ed etica forse i veri personaggi di un bel film da gustare senza giudicarlo affrettatamente, da ammirare per la fotografia scandinava e per una colonna sonora quasi onirica, dove spicca per intensità la bella Eblouie par La Nuit di ZAZ.

Da vedere assolutamente nel caso non vi interessino affollate storie di maghi raccontate da lontane strade di mattoni gialli.