Regia: Antoine Fuqua
Anno: 2013
“When our flag falls, our nation will rise“.
Una premessa farcita di patriottismo made in USA, che prepara alla risposta cinematografica (tipicamente americana, è chiaro) indirizzata verso le più che attuali minacce nord-coreane.
Antoine Fuqua (Training Day, 2001; Shooter, 2007) dà vita ad una pellicola improntata sull’assedio e sull’eroe della Nazione, con un atteggiamento che richiama il Bruce Willis dei tempi ormai andati (Die Hard – Trappola di cristallo, John McTiernan, 1988). Aggiungiamo al tutto un’atmosfera semi-apocalittica (alla Michael Bay, per intenderci) ed ecco che otterremo Attacco al potere – Olympus Has Fallen.
Ma andiamo con ordine.
Gerard Butler (300, Zack Snyder, 2007; RocknRolla, Guy Ritchie, 2008) interpreta l’agente dei servizi segreti Mike Banning, ex capo della sicurezza della Casa Bianca che, a causa di una macchia sulla sua reputazione dovuta ad un tragico incidente, si trova ora seduto ad una scrivania del Dipartimento del Tesoro.
Nel corso di un incontro fra il Presidente degli Stati Uniti (ruolo affidato ad Aaron Eckhart – Il Cavaliere Oscuro, Christopher Nolan, 2008; The Rum Diary, Bruce Robinson, 2011) e i diplomatici della Corea del Sud, la White House viene attaccata da una sorta di aereo-cargo truccato, che senza distinzioni colpisce civili e forze dell’ordine seminando letteralmente il panico.
Ovunque spuntano estremisti nord-coreani che assediano la residenza presidenziale, facendo fuori ogni forma di vita presente al suo interno; mentre Presidente, vice-Presidente e Segretario di Stato vengono presi in ostaggio da infiltrati nel corpo diplomatico sud-coreano.
In sintesi, l’Olimpo è caduto.
Banning si accorge dal suo ufficio di ciò che sta accadendo e si precipita sul luogo, schivando proiettili ed esplosioni, e recitando la parte di un esercito nello spazzare via un intero plotone di attentatori.
Non senza fatica, Mike si ritrova all’interno dello Studio Ovale, dove realizza la possibilità di redimersi dal suo passato, riconquistando onore e reputazione. Sembra essere, infatti, l’ultima speranza di un Paese ormai messo in ginocchio, l’unico su cui contare e a cui affidare il destino degli Stati Uniti.
In costante comunicazione con il Portavoce della Casa Bianca al Pentagono, Allan Trumbull (Morgan Freeman – Le ali della libertà, Frank Darabont, 1994; Deep Impact, Mimi Leder, 1998), Banning dovrà tentare l’impossibile (nel vero senso del termine) per salvare il figlio del Presidente, il Presidente stesso ed il suo staff. Come se non bastasse, impedendo anche al capo degli estremisti, Kang Yeonsak (Rick Yune – Fast and Furious, Johnny Tran, 2001; Ninja Assassin, Takeshi, 2009), di far detonare l’intera Nazione, andando a scatenare una guerra di proporzioni mondiali. Un’impresa fattibile, no?
Tuttavia Butler veste bene il suo ruolo: sembra essere a suo agio nel fare le veci dell’eroe nazionale (di bell’aspetto ovviamente), e si inserisce in modo perfetto anche nelle scene d’azione di cui il film è costellato. La migliore di queste? Non c’è dubbio, quella dell’attacco iniziale alla White House, perfetta e ricca di effetti speciali. Al suo interno il protagonista sguazza molto bene, perlomeno rispetto a quelle sdolcinate pellicole in cui interpreta il latin lover di turno (La dura verità, Robert Luketic, 2009; Quello che so sull’amore, Gabriele Muccino, 2012).
Per il resto si tratta di un continuo ondeggiare fra momenti di pura tensione e battute alquanto banali e scontate, che rischiano di tramutare l’action-movie in una vera e propria parodia.
Il tutto condito da un amor di Patria al limite della sopportazione: da volti di Presidenti storici, che sembrano ricordare cosa comporterebbe il fallimento della missione, al busto di Lincoln utilizzato come arma contundente; senza contare la bandiera a stelle e strisce che cade lentamente crivellata di proiettili.
La perfezione della fotografia non riesce a colmare la totale assenza di sceneggiatura, ma non importa.
Lealtà e coraggio. Sono questi i cardini e i valori su cui il film vuol far leva, quelli del vero eroe americano, mirando ad accrescere negli spettatori il già molto sviluppato nazionalismo statunitense.
Un lungometraggio ai limiti dell’inverosimile, ma nonostante questo concreto, in quanto rispecchia minacce reali (ora più che mai) per gli Stati Uniti.
Esplicitamente schierato e capace di far nascere un sentimento di orgoglio per il proprio Paese, Attacco al potere – Olympus Has Fallen sembra voler spingere il pubblico a tirar fuori le armi per combattere l’invasore straniero, utilizzando al meglio l’autocelebrazione della Nazione.
Allora americani, siete orgogliosi di appartenere a questo Paese?
Dopo i titoli di coda la risposta dovrebbe apparire scontata.