Regia: Gianfranco Rosi
Anno: 2013
Il documentario vincitore del Leone d’Oro alla 70° Mostra del Cinema di Venezia. Nelle sale italiane dal 26 Settembre.
Il regista ha percorso per due anni il Grande Raccordo Anulare che circonda Roma con un minivan, guidato secondo una sua stessa affermazione dalle Città invisibili di Calvino. Il risultato di queste riprese ha richiesto otto mesi per essere montato, ed è stato poi presentato in concorso alla Mostra di Venezia, concorso che per la prima volta ha ospitato due opere documentaristiche.
Tra i personaggi vari e unici presenti nel documentario, alcuni sono ricorrenti, e guidano lo spettatore: un uomo anziano che si occupa di un giardino di palme, ingaggiando una lotta senza quartiere contro i parassiti; un nobile piemontese decaduto che conversa con la figlia in modo quotidiano e tuttavia surreale; un principe che affitta il suo palazzo come bed&breakfast e location per fotoromanzi; un paramedico che gira la notte per il raccordo prestando soccorso alle vittime di incidenti; un pescatore di anguille con la consorte. Molti altri personaggi si intervallano a questi, e tutti si muovono nel loro spazio naturale, senza apparente considerazione per la telecamera.
Lo stile dell’opera ricorda vagamente Wim Wenders, le sue celebrazioni di città. Le azioni e i discorsi dei personaggi si intrecciano tra loro come i pensieri nel film Il cielo sopra Berlino (1987), con una punta di ironia tipicamente romana, che insieme alla durata limitata dell’opera alleggerisce la visione per lo spettatore rendendolo un film piacevole e culturalmente interessante al tempo stesso.
La colonna sonora è assente, lo spettatore ascolta i suoni della strada, che lo calano ancora di più nell’ambiente urbano del raccordo, che è tuttavia messo in potente contrasto con il verde del giardino di palme e l’ambiente fluviale della pesca di anguille. Lo spazio del documentario è un confine, tra campagna e città, tra la ricchezza delle ville e la scarsità di risorse di chi vive lì accanto in palazzi simili a formicai. Tuttavia i personaggi mostrano una notevole capacità di cavarsela, grazie all’ironia e alla musica, presente nella persona di un dj indiano che fa ballare gli abitanti in piazza a suon di latinoamericano.
L’opera, oltre a una notevole attenzione alle realtà locali di periferia, che contribuisce alla tendenza degli ultimi anni di tirar fuori il cinema italiano dagli interni casalinghi medio-borghesi, presenta una possibile speranza per il futuro proprio in questa umanità di confine viva e pulsante ai bordi di un’autostrada, vera Città invisibile del nostro tempo.