Regia: Luis Leterrier
Anno: 2013
La prima parte è chiamata promessa, il secondo atto è detto la svolta.
Ma tutti i numeri di magia comprendono un terzo atto, quello che chiamiamo the prestige.
“Signor Ocean, Lei cosa fa di mestiere?
Sono appena uscito di prigione, ho rubato delle cose… Maschere nuziali dell’era preinca”.
Las Vegas, quattro maghi annunciano ad un pubblico entusiasta che rapineranno una banca di Parigi sotto i loro occhi e poco dopo piovono sulla platea più di tre milioni di euro.
Toccherà all’angente dell’FBI Dylan Rhodes (Mark Ruffalo) e alla giovane agente dell’Interpool Alma Dray (Mélanie Laurent) scoprire come abbiano potuto quattro uomini in pochi minuti, rapinare una banca di Parigi senza mai muoversi da Las Vegas.
Paragonare Now You See Me a The Prestige (USA 2006) e alla saga di Ocean’s (2001-2007) può sembrare semplicistico, ma rispecchia quello che è il più grande problema dei blockbuster da una decina di anni a questa parte almeno.
Il cinema è un’industria, e come tale è soggetta alle macchinazioni di chi ci mette i soldi, e come in ogni grande azienda che si rispetti, ci sono due requisiti fondamentali: contano solo i soldi e il livello di potere è inversamente proporzionale all’intelligenza.
Il risultato è che non si rischia più di investire su cose nuove, ma ci si cristallizza su sondaggi e minestroni riscaldati e dati sugli incassi non perfettamente aderenti alla realtà…
Questa è causa principale del perché quando esce un film nuovo ci ritroviamo ad avere la sensazione del “già visto”.
L’altra faccia della medaglia è quando si riesce a valorizzare i mezzi che si hanno a disposizione o più semplicemente vedere il bicchiere mezzo pieno. In questo caso non serve sbattere la testa nel tentativo di creare qualcosa di necessariamente nuovo, ma sfruttare quello che si ha in mano e cercare di trarne il meglio.
Now You See Me ripropone una trama e personaggi triti e ritriti: banda organizzata di geni, mega furti da milioni di dollari, caveau che vengono fatti sparire con l’aiuto di copie (almeno non se la sono portata appresso con due Volkswagen), indagini e smascheramento di illusionisti da parte di altri del mestiere, senza contare l’immancabile cliché dei poliziotti che non ne vogliono sapere di collaborare.
All’equazione vanno aggiunti un cast di assoluto livello, dall’onnipotente Morgan Freeman, il sempre verde Michael Caine e la coppia-che-scoppia Harrelson+Eisenberg, di ritorno da Zombieland. Un po’ sottotono invece Mark Ruffalo e Mélanie Laurent, mentre è insipida Isla Fisher (come anche la scrittura del suo personaggio, “l’escapista” Henley Reeves). Totalmente inutile Dave Franco (alias il prestiggiatore Jack Wilder). Se avessero scelto uno dei Jonas Brother’s il risultato sarebbe stato lo stesso, alla stregua di Capitan America quando gli fanno dirigere le operazioni alla fine di The Avengers giusto perché qualcosa doveva fare anche lui.
La trama purtroppo è la parte più debole di tutto il castello, la storia è scontata, il colpo di scena finale degno del più basico dei classici gialli, tanto valeva che il quinto cavaliere fosse il maggiordomo. Ma oltre alla banalità dello storyboard è il ritmo che cala drasticamente partendo molto forte, rallentando bruscamente al secondo spettacolo e frenando con rischio di tamponamento a catena sul finale (bacio incluso).
Aggiungiamo questa fantomatica società segreta dell’ Occhio. Cos’è? Chi ne fa parte? Qual è il suo scopo? Sono tutte domande a cui vengono date solo delle mezze risposte. La vicenda gira attorno a Ruffalo, senza sviluppare gli altri personaggi a dovere.
E qui si vede la differenza tra un grande attore e una comparsa, quando cioè la sola presenza di Morgan Freeman basta a rendere carismatico quanto basta un personaggio che altri non è se non un comprimario.
Su Leterrier, c’è da dire che dopo il combattimento finale de L’incredibile Hulk e quella cafonata mondiale di Scontro tra Titani, qui si è ridimensionato parecchio, ma si è limitato al compitino senza osare niente di eccezionale. Anche il montaggio è un po’ ripetitivo (furto, inseguimento, Freeman che spiega e di nuovo da capo). Tutto il film è accompagnato dalla vocina che ripete incessantemente di non guardare da vicino se si vuole davvero vedere, ma anche nei momenti in cui dovremmo essere pienamente dentro all’illusione, le immagini sono molto belle ma non riempiono gli occhi.
I paragoni con le scene di The Prestige sono inevitabili, a partire da un’ambientazione molto più curata nel film in costume. Qui c’è giusto una donna che vola dentro a una bolla e un delirio di luci psichedeliche. Molto bello ma con poca classe!
è un film che se visto con poche aspettative può regalare un paio d’ore piacevoli, ma niente di più, un buon lavoro ma decisamente al di sotto delle possibilità che aveva.
Cito per fare un esempio La mia vita a Garden State di Zach Braff del 2006, dove gran parte del budget è andato ad un cast di altissimo livello (Nathalie Portmann e Ian Holm), e si è lavorato puramente sulla qualità della narrazione filmica.
Non tutti i film devono essere dei capolavori e questo ne è un esempio. Da vedere ma senza strapparsi i capelli per trovare il biglietto.