Ballata dell’odio e dell’amore

Regia: Alex de la Iglesia
Anno: 2010

Iperbolico, grottesco, surreale, violento, onirico. Leone d’argento per la miglior regia e Osella per la miglior sceneggiatura: Ballata dell’odio e dell’amore.

Ambientato in Spagna dopo la guerra civile, racconta la storia di due pagliacci, Sergio e Javier, e del mondo che li circonda.
Sergio, un ottimo Antonio de la Torre (Volver, Pedro Almodovar, 2006; Gordos, Daniel Sanchez Arévalo, 2009), è il pagliaccio tonto, la punta di diamante del circo di Jefe de pista, la cui vocazione è comprendere e far divertire i bambini.
Javier, interpretato da Carlos Areces (Lobos de Arga, Juan Martinez Moreno, 2011), è il pagliaccio triste, molto triste, spalla perfetta per Sergio e le sue gag esilaranti.
Tra i due la simpatia è scarsa sin dall’inizio ma il feeling professionale che li lega permette al circo un’impennata formidabile, tanto da renderli la colonna portante della troupe.
Il destino presto unirà Sergio e Javier ancora di più: non condivideranno soltanto il lavoro, anche lo stesso amore per Natalia, calamita e calamità, fulcro inamovibile nei mondi turbati dei due clown.

Natalia, la bellissima Carolina Bang, già vista sotto la direzione di Alex de la Iglesia in La cispa del la vida (2011), è l’attrazione provocante e sensuale della storia, il desidero di ogni uomo che posi gli occhi sul suo corpo; è anche la donna di Sergio anzi, l’amore della sua vita.
Sergio è sadico e violento, spesso si ubriaca e finisce per sfogare la sua ira sul corpo e nel corpo di Natalia, picchiandola, penetrandola e facendole del male.
Natalia gode, perché è masochista, insicura, totalmente priva di una visione del futuro. L’unica consapevolezza di cui è dotata è quella di eccitare qualunque uomo e appena conosce Javier, timido e innocente, incapace persino di sfiorarla, si trova confusa e attratta allo stesso tempo.
Lei è un diavolo tentatore, passione pura, gioca con Javier e lo provoca, nel suo subconscio non accetta che un uomo resista al molestarla perché questo è il suo modo di comunicare. Lo stuzzica di continuo, pur sapendo del rischio che corre e fa correre al nuovo amico.
Javier è impaurito da Sergio e ha paura per Natalia, che ama e vuole proteggere a tutti i costi. Lui è buono ma la sua bontà non è ricercata, bensì uno scudo che lo difende dal mondo esterno e dalla cattiveria intrinseca; che protegge il mondo esterno dal male che Javier porta dentro di sé.
Nessuno sa nulla sul suo passato: è figlio di un pagliaccio tonto, e come lui suo padre, figura fondamentale e unico genitore, da cui si è separato prematuramente.
Javier era piccolo – nel film Sasha Di Benedetto – si trovava allo spettacolo di suo padre quando scoppiò la guerra civile (1936-39) e l’esercito del governo repubblicano fece irruzione per arruolare chiunque potesse brandire un’arma.
Il clown, vestito da bambola, si ritrovò all’improvviso sul campo di battaglia a fare a pezzi i fascisti con un machete. Ferito e fatto prigioniero, promise al figlio, rimasto solo, che sarebbe uscito presto. A dispetto di ciò fu trattenuto per anni e condannato ai lavori forzati.

Ballata dell’odio e dell’amore è un piccolo capolavoro scritto e diretto da Alex de la Iglesia, un prodotto realizzato in memoria dei caduti in guerra, messo in scena per omaggiare la Spagna e le sue tradizioni. Le sequenze sono dipinte con mano grottesca e dissacrante, sostenute da una buona fotografia e da un ritmo perfetto,  in particolare nel prologo, estremamente delirante.
La storia coinvolge sempre, nella seconda parte la danza tra i tre protagonisti si fa più ripetitiva e volutamente monotona, sostenuta da un’ipnotica colonna sonora, essenziale e precisamente fusa con le immagini.

Il montaggio sottolinea la mostruosità – spesso psicologica – del film, ironico e costantemente impregnato di follia, tanto da ricordare i lavori di Takashi Miike, su tutti Ichi The Killer (2001). I riferimenti ad altri film e autori sono vari e rendono la visione ancora più divertente.
La prova degli attori è rigorosa, Antonio de la Torre è degnamente calato nei panni del sadico pagliaccio tonto, e Carolina Bang vanta un’esposizione davvero eccitante, merito anche di Paco Delgado, i cui costumi sono di ottima fattura e ideati con uno stile creativo e dettagliato.

Ballata dell’odio e dell’amore non è un prodotto per tutti, soprattutto per la sua violenza che, seppur apparentemente gratuita, è una componente fondamentale della storia e permette un risultato efficace con un finale congruente al resto della vicenda.
Le vite di Javier, Sergio e Natalia sono il frutto della guerra la cui disumanità trabocca dalle loro gesta. Da vedere per chi ama divertirsi con scene forti e personaggi  pazzoidi.

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