Regia: Ben Lewin
Anno: 2012
Dopo Quasi Amici (Olivier Nakache, 2011), un altro film ci parla di un tema spinoso e delicato e lo fa in una maniera assolutamente naturale ed esilarante. Semplicità e spontaneità sono i caratteri della nuova pellicola del regista polacco Ben Lewin: The sessions – Gli appuntamenti.
Il film ha conquistato la critica e gli spettatori del 30° Festival di Torino e si ispira alla vera storia del poeta e giornalista Mark O’Brien, sopravvissuto a un attacco di poliomielite infantile. Il lungometraggio mette in scena la vita di Mark (John Hawkes), completamente immobilizzato dal collo in giù che gira per la città sempre e solo sulla sua barella. Costretto a respirare tramite un polmone artificiale che lo tiene in vita, ad un certo punto della sua vita decide, dopo aver consultato un particolare sacerdote/filosofo (William H. Macy), di prendere coscienza del suo corpo con l’aiuto di una professionista dei contatti fisici e umani, Cheryl (Helen Hunt). L’incontro con la donna cambierà per sempre il destino e la vita del protagonista.
La pellicola tratta il sesso con una purezza e una delicatezza inaspettata: lega l’amore, l’intimità e l’emotività in una maniera affascinante e riesce a farlo grazie ad una sceneggiatura di impatto e leggera. Come il recente For a Good Time, Call (Jamie Travis, 2012), The Sessions è un film schietto che mostra le scene senza alcun filtro e lo fa con un con un tono dolce e non volgare pur mostrando chiaramente l’imbarazzo, la difficoltà fisica e psicologica delle prime volte, l’ostacolo della malattia e della disabilità . L’elemento erotico viene mostrato non nel corpo ma nella mente del protagonista: sono i modi impacciati che l’uomo utilizza per corteggiare Cheryl.
Interessante è lo stile che il regista adopera nelle riprese: la macchina da presa è quasi sempre posta all’altezza dei due personaggi per rimarcare una parità ed un equilibrio che vanno oltre le condizioni fisiche di Mark. I movimenti di macchina sono pochi e semplici determinati nella maggior parte delle scene dalle azioni degli attori; la presenza inoltre di alcuni piani ravvicinati consentono allo spettatore un immagine più chiara, suggerendo anche una riflessione su ciò che sta accadendo.
La fine improvvisa e un po’ frettolosa sembra spezzare però un unità narrativa costruita fin dai primi minuti del film: vengono lasciati aperti alcuni temi come ad esempio la relazione tra Cheryl e il marito. Una scelta quella di Lewin volta a mettere, forse, in risalto degli attimi di vita che Mark e Cheryl vivono senza fretta, senza pensare al tempo.
Un film divertente e profondamente umano che sa far emozionare, un piccolo gioiello che racchiude tutta la dolcezza disarmante di un dramma: commovente e riflessivo ma anche comico e ricco di speranza. Un film che non potrebbe esistere senza i suoi straordinari interpreti (John Hawkes e Helen Hunt) e la loro interpretazione: i monologhi interiori di Mark e i colloqui con il suo confessore Padre Brendan.
“Che succede quando le persone si legano l’una all’altra?”, Mark sè lo domanda proprio il giorno di San Valentino. Se volete sapere la risposta, non perdete questo film, si consiglia il fidanzato al seguito.
Come al solito il mio commento parte dalla frase che mi colpisce più di tutte!! stavolta ho scelto questa:
Interessante è lo stile che il regista adopera nelle riprese: la macchina da presa è quasi sempre posta all’altezza dei due personaggi per rimarcare una parità ed un equilibrio che vanno oltre le condizioni fisiche di Mark.
Notare che le riprese sono fatte praticamente nello stesso modo è sintomo di grande attenzione durante la visione, attenzione quasi maniacale al dettaglio, lo spettatore medio che si siede nella poltroncina non si accorge di una cosa del genere!!!
Come al solito poi descrivi il film da un punto di vista intermedio, dando un piccolo commento “tecnico” non invasivo (come nel caso della tipologia di ripresa citata in precedenza) e, un commento più da persona appassionata di cinema ma che non conosce i segreti della sceneggiatura!!!
Questa è una cosa positiva, il commento tecnico va bene in quanto la persona comune si rende conto che legge una recensione di una persona preparata (e questo è dimostrato anche dal fatto che citi il festival di Torino e un altro film del regista), ma la parte che attira di più è il commento fatto da una appassionata, perché si capisce che è stato fatto col cuore!!!
Continua così!! 😉