Sucker Punch

Sucker Punch

Regia: Zack Snyder
Anno: 2011

Snyder ci trascina in una delirante fuga da un manicomio femminile, fondendo insieme fantasy, pulp, manga e action movie.

Snyder ha partorito la sua creatura dopo ben 10 anni di gestazione e il risultato non è stato certamente quello sperato. Dopo 300 e Watchman il regista statunitense torna con quello che avrebbe dovuto essere per lui ciò che è stato Kill Bill per Tarantino: il film che aveva sempre voluto fare. Per questo la Warner gli aveva lasciato carta bianca e Snyder non si è fatto pregare. Geniali slow motion, di cui il 42enne è maestro, colonna sonora da urlo, fotografia accattivante e una sceneggiatura che ingloba ben tre livelli di realtà (quella effettiva ed altri due contesti paralleli), mescolando almeno 4 o 5 generi cinematografici diversi (forse troppo per una singola pellicola).

Quando sua madre muore, Baby Doll (di nome e di fatto) viene incolpata ingiustamente della morte della sorella e rinchiusa in un manicomio femminile dal patrigno. Qui avrà 5 giorni di tempo per escogitare, con le sue compagne, un piano per fuggire prima che venga lobotomizzata. Un prologo che funziona a meraviglia, contornato da un’atmosfera cupa che fa venire l’acquolina in bocca allo spettatore, ma la percezione di Baby Doll, una volta arrivata all’istituto psichiatrico, si frammenta e l’ospedale si trasforma in un bordello d’alto bordo, popolato da spogliarelliste anziché da pazienti.

Dopo averci presentato la squadra di adescatrici in cui spiccano Vanessa Hudgens e Jamie Chung, Snyder piazza il colpo, teletrasportandoci nel terzo livello di realtà nella mente di Baby Doll: un mondo selvaggio, popolato da creature fantastiche con un gran numero di citazioni e riferimenti che spaziano dai videogiochi, al cinema, ai fumetti fino ad addentrarsi nella letteratura. Qui, la nostra protagonista e le sue compagne dovranno affrontare una serie di sfide per riuscire a fuggire dalla loro prigione. Un progetto senza dubbio ambizioso, forse anche troppo.

Snyder ci accompagna in ciò che lui stesso ha definito come una sorta di “Alice nel Paese delle Meraviglie con le mitragliatrici”, un viaggio allucinante nella psiche della protagonista in cui il pubblico può perdersi e, a lungo andare, annoiarsi per la struttura ripetitiva della storia. Il regista non è certo aiutato dal cast che, tralasciando il carisma di Scott Glenn e la spigliatezza di Jena Malone, offre ben poco. In particolar modo la protagonista Emily Browning resta pressappoco inespressiva per tutta la durata del film, mentre si scopre praticamente impalpabile la presenza di Jon Hamm, il chirurgo conosciuto come il Giocatore nella realtà del bordello, atteso e temuto per tutto lo svolgersi della vicende, e che appare per neanche 5 minuti alla fine.

Il film tocca temi come l’introspezione dell’animo umano, la metafora della vita come battaglia e fuga, passando per scene di lotta in stile manga e azioni di guerra, dal medioevo (comprensivo di draghi) alla seconda guerra mondiale (con i soldati tedeschi riportati in vita stile Wolfenstein).

Un miscuglio affascinante, ma eccessivo, compensato da una colonna sonora eccezionale e una fotografia di primo livello. Sucker Punch è l’espressione massima di un regista visionario come Snyder che non manca mai di spiazzare il pubblico con le sue iperboli narrative, in cui si è forse puntato troppo sull’accatastare metafore anziché amalgamarle al meglio con il cast e la storia. In questo modo, di tutto ciò che il film avrebbe potuto rappresentare, non tutto arriva al pubblico e, viste le potenzialità di questo lavoro, non possiamo che dispiacercene.