Killer in viaggio

Killer-in-viaggioRegia: Ben Weathly
Anno: 2013

Si rivela sin dalle prime riprese la particolarità di Killer in Viaggio (Sightseers, Ben Weathly, 2012). I pochi personaggi in gioco manifestano immediatamente la loro stranezza; Tina (Alice Lowe) vive con la madre, possessiva e cinica, che la opprime e la tiene legata a sé con piccoli ricatti morali; Chris (Steve Oram) è il suo primo (e forse ultimo) fidanzato che vuole portarla, viaggiando su di un caravan, nei luoghi da lui amati.

La coppia dai capelli rossi (scelta sicuramente non casuale) inizia così il suo itinerario attraverso le Midlands per una vacanza che, in prima battuta, sembra esser nient’altro che una fuga romantica.

Eppure lo scontro con uno sconosciuto che getta delle cartacce a terra fa esplodere il lato oscuro della psicologia di Chris e, durante lo svolgimento, coinvolgerà o forse farà scoppiare la stessa perversione in Tina.

Quella che Ben Weathly dirige è una commedia romantica dai toni dark, che indaga sulle passioni umane e scava a fondo nell’animo e nelle menti dei protagonisti, ancora privi di una maturità e di un’indipendenza emotiva. Lentamente viene svelato il disadattamento sociale dei due e la capacità di stare al mondo solo tramite la loro malata visione d’amore. Nonostante vengano inizialmente ritratti come “la coppia ideale”, la loro differente visione dell’omicidio, e il loro diverso “stile”, farà emergere le loro diversità e l’impossibilità di vivere uno accanto all’altro.

È indubbiamente un film sadico e cinico, che allo stesso tempo si rivela divertente ed incredibilmente lucido. Lo stupore e la particolarità della pellicola nascono dalla naturalezza con cui Tina e Chris reagiscono di fronte alle morti altrui e alla scoperta di essere due killer. Una spontaneità che lascia inevitabilmente incredulo lo spettatore, ma che trasforma il film in una bizzarra e surreale commedia, in cui l’emancipazione omicida sembra quasi indispensabile.

Vittime di una società che li ha sempre denigrati, complici anche i capelli rossi, la loro unione e la forza omicida diventano l’unico modo per dimostrare di essere vivi ed avere un ruolo nella società, anche se questa faticata conquista avrà una durata breve. Il loro viaggio da killer è in realtà un percorso interiore di liberazione dall’inadeguatezza, esprimibile solo attraverso la carnalità, che nel film si esprime nel duplice tema dell’omicidio e del sesso.

Difficile trovare paragone con altre pellicole già in commercio; si potrebbe definire la coppia come i Bonnie e Clyde dell’Inghilterra, ma qui l’intento criminale non c’è.
L’assassinio ha solo funzione simbolica e, per quanto crudele, viene svolto quasi seguendo delle motivazioni di miglioria sociale.

Se pur il tema del killer on the road è già stato scritto, questa pellicola è inedita sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto le interpretazioni dei due protagonisti colorano la pellicola di un perfetto e godibile humour nero inglese. I due inoltre non sono gli unici personaggi che ruotano in questa valle di pazzia; la madre di Tina è un misto tra invadenza e isteria, cattiveria anche. Poi c’è Poppy, il cane, che funge da catalizzatore della follia della donna.  Tutti elementi nuovi che esaltano l’originalità del film.

Le sequenze degli omicidi sono magistrali, emotivamente forti e violente ma stranamente non fastidiose, tutte contornate da splendidi paesaggi e scenari da sogno, contrastanti ovviamente con la bruttezza del sangue e dell’assassinio.
Il regista calibra bene tutto il racconto, riuscendo a non eccedere e muovendosi perfettamente a metà tra satira e macabro, tra realtà e surrealismo. Tutto ciò riesce per il perfetto disegno dei due personaggi, ritratti come due squilibrati con il volto da “bravi ragazzi”; due visi pallidi e con espressioni studiate e stupite, sempre controllate e mai lasciate andare (difficilmente scorgiamo un sorriso luminoso; ogni tratto ha fattezze ambigue).
In alcuni istanti, nei visi compiaciuti e giustificati dei due, ritroviamo la bellezza e la simpatia della serial killer di John Waters, La signora ammazzatutti (Serial Mom, John Waters, 1994), dove l’omicidio è sempre brutale e grottesco ma ha una funzione sociale e di educazione e, proprio per questo motivo, la donna non prova mai sensi di colpa, avendo svolto, semplicemente, il suo dovere.

Killer-in-viaggioCome nel film di Waters anche qui l’inquietudine nasce dalla normalità dei protagonisti, i tradizionali vicini di cui nessuno potrebbe sospettare, con la particolarità bizzarra dell’essere vicini itineranti, quindi potenzialmente dirimpettai casuali di chiunque.
Tutta la pellicola, già ricca di elementi positivi, è coadiuvata da una bella ed adeguata colonna sonora. Inevitabilmente la hit dei Soft Cell Tainted Love è la trama conduttrice, anche per il titolo esaustivo, “amore contaminato”. Da segnalare anche The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood, che incornicia alla perfezione l’ultima, esteticamente bella e narrativamente sorprendente, scena.

Sicuramente Killer in viaggio è un film ad alto impatto emotivo, sottile e ironico, dotato di uno humour cinico e sadico che diverte e interroga lo spettatore. È una pellicola grottesca, disagiata, amorale ma piacevole, mai fastidiosa e mai oltre le righe.

Meritatamente vincitrice del Leone Nero per il miglior film al Festival Noir di Courmayeur 2012.