Regia: Dario Argento
Anno: 2012
Jonathan Harker giunge in Transilvania per assumere l’incarico di bibliotecario al castello del tenebroso conte Dracula. Intanto, nel vicino villaggio di Borgo Passo, una ragazza è stata barbaramente uccisa. Mentre la figlia del sindaco, Lucy Kisslinger, sembra vittima di una strana malattia, arriva nel paesino anche Mina, la bella moglie di Harker. La donna, subito invischiata in questi strani eventi, tenta di mettersi in contatto con il marito, misteriosamente scomparso…
Difficile accostarsi all’ultima fatica di Dario Argento. In anni recenti, l’uscita di ogni suo film ha suscitato il timore dell’ennesimo passo falso (si va dalle prove incolori degli anni ‘90 fino all’ultimo, bistrattatissimo, Giallo/Argento, 2011). Insieme all’attesa (forse ingiustificata) di riassaporare il brivido delle deliranti atmosfere visionarie e oniriche che lo hanno reso celebre (Profondo Rosso, 1975, Suspiria, 1977, Opera, 1987, solo per citarne alcuni).
Il regista, questa volta, ha scelto di rivisitare l’archetipo horror per eccellenza: il conte-vampiro, reso immortale nel 1897 dalla penna di Bram Stoker. Ma chi è Dracula nella visione di Argento? Non tanto un individuo solitario, anomalo personaggio antisociale lontano dalla collettività, come era tratteggiato da Stoker.
Qui, al contrario, Dracula è il Signore che, pur celato nell’ombra, regna incontrastato sul suo territorio. Non viaggia per mare. Non si trasferisce in città come nel romanzo, ma rimane saldamente al comando nella sua roccaforte d’origine. Controllando ogni aspetto della vita pubblica e sociale. È il temuto padrone, il capo al vertice del potere. Assoggetta e circuisce le autorità locali (sindaco, sacerdote, polizia) in una setta di adepti, per tenere in scacco il popolo inerme.
Stringe un sanguinario patto-sociale: paga debiti e si prodiga in favori verso i suoi servi-sudditi. In cambio, non accetta intromissioni nella sua famelica ricerca di prede. Chi rinnega l’accordo con il conte viene punito. L’alto tradimento non è ammesso. E si paga, naturalmente, a fiotti di sangue.
Vige un silenzio omertoso. Chi parla e si ribella platealmente alle malefatte del conte viene soppresso. Sembra una sorta di chiusa e ferrea struttura feudale. Con una particolare dialettica servo-padrone di matrice medievale, cavalleresca, significativamente rafforzata dalle ambientazioni: bastioni e torri di pietra, stradine in ciottolato, casette di mattoni.
Questa è sì l’idea più originale, ma rimane appena abbozzata, mai approfondita in modo interessante. Resta comunque una delle poche cose apprezzabili di questo film, davvero debole sotto molti, troppi punti di vista.
A partire da un cast decisamente sottotono. Il tedesco Thomas Kretschmann (già maniaco omicida per Argento in La sindrome di Stendhal, 1996) ha un suo fascino, ma alla lunga si mostra scialbo, senza il phisique du role per Dracula (sembra più una versione “sgonfia” di Liam Neeson). L’unica presenza solida è il Van Helsing di Rutger Hauer (in Dracula III – Il testamento, “Dracula III – Legacy”, di Patrick Lussier, 2005, impersonava Dracula). Brava la giovane Marta Gastini nel ruolo di Mina, mentre non convince la Lucy di Asia Argento, a cui si concede un’inutile e goffa scena di nudo nella vasca da bagno.
Incipit a parte, con il volo panoramico della macchina da presa che, dall’alto del villaggio, scende e si insinua rapidissima tra vicoli e caseggiati, la regia è statica, quasi ingessata nello stile di uno sceneggiato televisivo in costume.
L’unica sequenza da segnalare è quella in cui Dracula penetra nella caserma nelle sembianze di uno sciame di mosche impazzito (immagini che ricordano l’assalto degli insetti in Phenomena, 1985). La fotografia di Luciano Tovoli insiste su un giallo malaticcio fin troppo casereccio, che non riesce a dare il giusto tono alla vicenda.
Argento vorrebbe insinuare palpiti di tensione morbosa, amori perversi e desideri malati, ma spesso tutto si risolve nel ridicolo involontario. Anche gli incontri notturni tra Dracula e Lucy nulla hanno della suspense e delle atmosfere di torbida sensualità del Dracula di Christopher Lee targato Hammer (Dracula il vampiro, “Horror of Dracula”, Terence Fisher, 1958).
Argento spinge sul tasto della sessualità onnivora di Dracula (che vampirizza donne e uomini), simboleggiata dalle sue innumerevoli mutazioni (gufo, ratto, insetto, ragno, uomo-lupo, perfino una cavalletta gigante).
Anche se in definitiva si scopre un malinconico innamorato (“Uno strumento scordato dalla sinfonia divina” si autodefinisce), che si strugge per l’amata perduta. E che crede riviva in Mina (espediente identico a quello del Dracula di Bram Stoker di Coppola, “Bram Stoker’s Dracula”, 1992).
Il 3D è superfluo, quasi non si nota. Argento ha dichiarato di essersi ispirato ai film americani anni ’50, in particolare alla versione stereoscopica del classico di Hitchcock Il Delitto perfetto (“Dial M for Murder“, 1954). Ma sventramenti vari, lame e oggetti che trafiggono la carne e lo schermo, sembrano schizzati fuori dai massacri ad effetto di San Valentino di sangue 3D (“My Bloody Valentine 3D”, Patrick Lussier, 2009).
Chi ama l’horror e i vampiri e cerca alternative a Twilight (forse) apprezzerà.
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