Che cosa aspettarsi quando si aspetta

Regia: Kirk Jones
Anno: 2012

Nove mesi. Nove mesi di paure, desideri, gioie e ansie. Nove mesi in cui la vita esplode nella sua forza più miracolosa e allo stesso tempo imprevedibile. Perché in fondo la verità è una sola: per quanto controllata, tutelata, inaspettata o voluta, la gravidanza sorprende e scombina.

Che fare, quindi, quando s’inserisce clandestina nelle nostre routine pianificate? Come comportarsi quando l’equilibrio della coppia viene irrimediabilmente alterato da un nuovo membro ancora senza volto ma già così imprescindibile? E da uomini, come reagire al classico [temuto? Sperato?] “Amore, sono incinta!” ?
Queste le questioni che cinque coppie si trovano costrette ad affrontare nel nuovo film di Kirk Jones, Che Cosa Aspettarsi Quando si Aspetta. Così come cinque sono le diverse tipologie di maternità che vengono presentate: la gravidanza voluta e desiderata da anni, quella difficilmente conciliabile con il lavoro, la maternità inattesa e gemellare, l’adozione e l’aborto spontaneo. Se da una parte i fatidici nove mesi, pur tra dolori e isterie, restano un’esperienza indimenticabile per ogni donna, dall’altra uno stuolo di mariti/fidanzati si trova alle prese con un evento che a fatica riesce a controllare. Ecco allora padri che rimpiangono le follie giovanili mentre portano a passeggio i pargoli; padri-bambini che affrontano la gravidanza come un ulteriore trofeo di una vita di successi (il Dennis Quaid – “vecchia gloria dell’automobilismo” ne è esempio calzante); padri in perenne scontro generazionale; padri troppo giovani per una relazione stabile, figuriamoci per un figlio. Uomini e donne coinvolti in un ineludibile turbinio emozionale che, e già lo si sa fin dall’inizio, non può che concludersi nella maniera migliore: un’ultima spinta, un vagito ed ecco che si è genitori.

Per quanto l’argomento si presti a originali declinazioni, Kirk Jones incespica e si perde nelle molteplici (e mal giocate) opportunità offerte da un cast stellare, allontanandosi miseramente dall’autoironia e dalla sobria britishness presenti in Svegliati Ned! ( Kirk Jones,1998) o Tata Matilda (Kirk Jones, 2005). L’accozzaglia di nomi e divi hollywoodiani funziona bene sulle locandine ma resta inespressa, priva di carattere e fortemente macchiettista per un film ben oltre la classica commedia americana. “Oltre” nel senso negativo del termine, perché Che Cosa Aspettarsi Quando si Aspetta supera piattamente le piacevoli e divertenti gag in Nine Months-Imprevisti d’Amore (Chris Columbus, 1995) approdando a un umorismo fatto di reiterati luoghi comuni, in un festival del “già visto e già sentito”.
E “già vista e sentita” è l’interpretazione di Cameron Diaz (Tutti Pazzi per Mary, Bob e Peter Farrelly 1998, Ogni Maledetta Domenica, Oliver Stone 2000, Charlie’s Angels, Joseph McGinty Nichol 2000, L’amore non va in vacanza, Nancy Meyers 2006) che sembra tergiversare asetticamente in un ruolo forzatamente “biondo-simpatico-frizzantino” ma che, forse, ha già visto troppe primavere. Stesso discorso per una rassegna di abusati cliché cinematografici che spaziano dal padre attempato ma ancora (finanziariamente) irresistibile, il ragazzo incapace di affrontare un’imprevista gravidanza, giovani genitori che malinconicamente si consolano tra loro.

Unico barlume di vitalità in un film spento sotto ogni punto di vista è l’interpretazione di Elizabeth Banks (Prova a Prendermi, Steven Spielberg 2002, Seabiscuit, Gary Ross 2003, The Next Three Days, Paul Haggis 2010, Hunger Games – Gary Ross 2012) che riesce a caricaturare senza eccessi e volgarità gli strazi della gravidanza e gli inevitabili inconvenienti a essa associati.
Le buone premesse di una commedia romantica corale ( come a suo tempo furono Love Actually, Richard Curtis 2003, La Verità è che non gli Piaci Abbastanza, Ken Kwapis 2009) vengono dunque deluse in favore di un’accozzaglia di situazioni che di corale hanno solo la piattezza contenutistica ed espressiva. Scarsa partecipazione emotiva e scarso coinvolgimento spettatoriale perfino là dove il pathos dovrebbe esser maggiore e dove l’occhio registico potrebbe indugiare con profondità e originalità (per esempio la tematica dell’adozione o dell’aborto). E se mai l’intenzione fosse stata quella di donare un pizzico agrodolce alla classica commedia, il risultato è a dir poco impercettibile. Juno (2007) di Jason Reitman era e rimane una meta irraggiungibile.

Film, dunque, sconsigliato a chiunque: non diverte, non ironizza in maniera originale sulla maternità, non presenta personaggi accattivanti. Se proprio non riusciste a rinunciare all’argomento “gravidanza”, Rosemary Baby (Roman Polanski, 1968) sarebbe indubbiamente un’ottima alternativa. Paradossalmente meno raccapricciante.

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