Big Eyes

Regia: Tim Burton

Anno: 2014

big-eyes-uk-poster-finalNo, no e ancora no! Proprio non ci siamo. Tim Burton continua la china discendente che da una decina d’anni si ostina a percorrere (eccezion fatta per Sweeney Todd -Il diabolico barbiere di Fleet Street, 2007), tra remake non necessari e non all’altezza dell’originale (mi riferisco ovviamente a Dark Shadows, 2012 e La Fabbrica di Cioccolato, 2005) e i soliti mostriciattoli in stop motion, eredi di Nightmare Before Christmas (1993).

Big Eyes narra la vicenda della ghost painter più famosa della storia dell’arte (contemporanea), Margaret Keane, moglie e vittima artistica di Walter Keane, che negli anni 50 e 60 spopolò come pittore dei bambini dagli occhi grandi. Per circa un decennio, Walter indirizzò su di sè le luci della ribalta, costringendo la moglie in uno sgabuzzino a dipingere quadri in serie (brutti peraltro, NdR), attribuendosene la paternità; finché un giorno, con un inaspettato rigurgito indipendentista, la dimessa Signora Keane lo sconfessò in mondovisione. E qui il plot può dirsi esaurito.

Al di là della storia, abbastanza semplice, lineare e riassumibile in cinque righe, la narrazione di Burton segue pedissequamente questa linea piana senza exploit degni di nota. E’ una biografia. Punto. Neanche particolarmente interessante, se non perché rappresentativa di una certa mentalità maschilista dell’epoca e per lo scalpore mediatico che ne derivò. Per il resto vi consiglio di fare due chiacchiere con vostra madre o nonna (a seconda dell’età) per avere una conoscenza diretta della società patriarcale e delle lotte femministe. L’argomento artistico è un riempitivo, in questo caso, perché Mrs Keane avrebbe potuto essere in ugual misura una scrittrice defraudata, una manager scavalcata, una casalinga disperata, o una donna a caso tratta dal campionario immaginifico del periodo suffragette vs padre-padrone.

Big-Eyes-Christoph-WaltzWalter Keane, dal canto suo, nonostante la dubbia moralità, fu comunque un precursore dei tempi, arrivando a costruire un vero impero miliardario basato su strategie di marketing e di replica artistica che poi piacquero tanto ad Andy Warhol &co. Il guadagno non avviene più sull’opera autentica e inimitabile, ma sulla riproduzione su vasta scala di poster, cartoline e gingilli vari, decisamente più economici e quindi più accessibili.

Chiamalo scemo.

Tornando al film, le cupe atmosfere che caratterizzavano le precedenti produzioni burtoniane, sono  scomparse  senza lasciare traccia. D’accordo, non si tratta di una storia di vampiri, mostri dalle mani affilate o barbieri serial killer, pur tuttavia si avverte uno smodato bisogno di luminosità e personaggi rassicuranti. E, lasciatelo dire Tim, non è la tua strada. I colori pastello spadroneggiano e i cattivi suscitano inquietudine quanto gli antagonisti della Disney.

bigeyes1Christoph Waltz, magnifico istrione e cattivone da brividi, se messo nelle mani di un regista capace (in Inglourious Basterds di Tarantino, ad esempio), in Big Eyes gigioneggia per 106 minuti di proiezione, senza nessun senso realistico, né appeal. Buona, invece, la prova di Amy Adams che già da tempo si sta facendo le ossa recitando accanto a mostri sacri del calibro di Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman e Tom Hanks. E qui, se il personaggio Margaret viene schiacciato dalla controparte maschile, l’attrice Amy pare aver surclassato il collega. Peccato che la parte non sia all’altezza della bravura.

Insomma, una pellicola in gran parte insoddisfacente, anche se non può dirsi oggettivamente brutta. Ma inutile sì. Anche e soprattutto considerate le aspettative che si dovrebbero avere su di un regista che in passato ha regalato prodotti notevoli.

1411112232_big-eyes-amy-adams-tim-burtonChissà perché Tim Burton ha optato per questa compiacente virata cinematografica. Chissà cosa voleva comunicarci davvero. Chissà se è stata solo un’operazione di marketing o se piuttosto ha voluto lusingare la vera Margaret Keane, sua amica nella vita (pare), ricompensandola delle delusioni vissute. Al di là di tutte le congetture che si possono fare, Big Eyes è talmente lontano dalla filmografia di Burton che non sembra nemmeno farina del suo sacco.

Che ci sia sotto, anche qui, un ghost director?