Adamoeva

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Regia: Alfredo Confessore
Anno: 2010

E se Dominiddio come si diceva nel Medioevo ci avesse punito per un altro motivo? E se la mela non c’entrasse nulla? Teologi di tutto il mondo unitevi. E poi Dio c’era quando è avvenuto il fattaccio? Domande. Tante domande.
Una risposta la offre sicuramente questo cortometraggio animato, scritto diretto e montato da Alfredo Confessore. Un cortometraggio che sembra non promettere niente fino alla metà del suo svolgimento, invece ha il coraggio e la presunzione lecita di sconvolgere ogni aspettativa quasi sul finale. Fa sì che il piccolo ma inesorabile film possa inglobare una strategia nuova su cui fondare l’intero universo.

La trama è quella consolidata di Adamo ed Eva sotto l’albero che non è maestro ma cattivo maestro come è così di moda oggi. Foriero di aspettative nei pochi incroci possibili in un mondo povero di iniziative e attività culturali. Adamo ed Eva dovevano annoiarsi a morte se si sono giocati l’Eden per un piccolo e malconciato rapporto sessuale. Eppure forse il sentimento e la noia, che sarebbe stata codificata solo dai romantici migliaia di anni dopo, non dovevano entrarci più di tanto.
Sarà stata la fame? Questa è la domanda successiva.

Ma che tipo di fame, quella che può essere saziata con una mela? Nessuna Fame può essere saziata da una mela. ce lo dice il bianco e nero del corto con voci da brividi e suoni quasi gutturali a ricordarci che a parte i Testimoni di Geova nessuno può pensare che Adamo ed Eva proferissero parole evolute di un linguaggio fuori dal tempo. Erano selvaggi è questo è quanto. Prigionieri ed artefici del proprio destino, in un Eden che di tutto sapeva fuorché di Paradiso.

Tutto è fatto bene in questo bel cortometraggio stilizzato e spettrale, c’è un lavoro che destina gli ampollosi agglomerati della tecnica moderna ai dimenticatoi ricordandoci che il cinema è nato dalle le proiezioni delle Lampade Magiche, dalle proiezioni statiche e delle storie mitiche. L’animazione prende forma attraverso la narrazione e viceversa, in un conglomerato di partecipazione che lascia poco spazio all’interpretazione. Oltre al regista  Andrea Confessore bisogna citare sicuramente Marco Parentela che ha animato la storia senza strafare ma con garbo e parsimonia da professionista. Il suono  sempre di Marco Parentela rende gutturale ogni espressione e questo è un merito non da poco in una storia dell’inizio dei tempi.

L’autore e regista, insieme al creativo delle arti grafiche ci regalano uno spazio inconsueto dove riabilitare ogni vecchia aspirazione e seppellire ogni altra vocazione sussidiaria. L’amore fatto e preso da dietro concimano la vita e rendono la morte arte della sopravvivenza, in un tutt’uno verticale che sale sull’albero in forma di serpente che al catechismo non ci hanno mai insegnato. Sale fino a diventare simbolo dell’immaginario complesso che lascia l’amaro nelle bocche dei cannibali ortodossi. La storia c’è, il finale è da brividi, e le coscienze vengono interessate quanto basta. Tutto in una prospettiva pessimista di sicura foggia moderna. Il primo minuto è sprecato nei titoli, ma il resto vale l’attesa. E l’attesa spesso paga e ripaga. Specie quando non costa una vita.

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