Mentre Thor è in lotta per salvaguardare la pace di Asgard, sulla Terra la scienziata Jane Foster è coinvolta in strani fenomeni, trovandosi a contatto con l’Aether, letale materia forgiata dall’elfo oscuro Malekith per avvolgere l’universo nella tenebra. Thor, per sventare la minaccia, chiederà l’aiuto del perfido fratellastro Loki.
Saremmo blasfemi a paragonare le premesse narrative del nuovo giocattolone Marvel/Disney, Thor-The Dark World, a quelle di L’uomo d’acciaio (“Man of Steel”, 2013), ultimo supereroe rebootato di casa Dc? Correndo il rischio di venire “martellati” dalle schiere di fan più rigorosi, ci proviamo lo stesso.
Perché si nota facilmente come i due film, usciti a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, condividano grossomodo lo stesso prologo guerresco e apocalittico, ambientato in un regno fantastico e fantascientifico: Krypton per Superman, Asgard per Thor.
In entrambi imperversano sconvolgimenti sociali e lotte intestine per il possesso di un prezioso crogiolo di (anti)materia: in L’uomo d’acciaio il nucleo contenente i codici genetici necessari a creare la vita sul pianeta, bramati dal ribelle generale Zod ma inviati al sicuro sulla Terra, iniettati nel Dna del superuomo.
Qui la potente sostanza rossastra che Malekith tenta di usare per distruggere il mondo, subito scongiurata e seppellita in una zona remota della galassia (prima di intaccare le vene di Jane Foster).
Ancora, nei due casi, abbiamo il villain che, inizialmente sconfitto, si ridesta dopo un lungo sonno per portare a termine i suoi scopi diabolici. In circostanze mutate e favorevoli (la scoperta dell’identità di Superman per Zod, la convergenza dei nove pianeti per Malekith). Scendendo sulla Terra con astronavi aliene a generare il caos urbano (i grattacieli di Metropolis per Superman, strade e cattedrali di Londra per Thor).
Posti gli scenari di partenza comuni, dov’è invece che Thor-The Dark World si sgancia nettamente dalle atmosfere di L’uomo d’acciaio? Ancora una volta, nel solco tracciato da The Avengers (2012), scegliendo di non aderire fino in fondo alla solidità granitica del supereroe (si sottolinea la natura aliena e mortale, dunque non completamente divina, di Thor e altri personaggi asgardiani: esemplare il caso della regina-madre Frigga).
Taylor scioglie l’impianto di shakespeariane opposizioni padre-figlio, enfatizzate da Kenneth Branagh in Thor (2011). Depura le contraddizioni identitarie del personaggio, ne smussa la volontà di potenza. Thor, in fondo, nemmeno aspira a diventare Re. Accontentandosi di fare il guerriero spaccone (“Accetto la tua resa”) mentre manda in pezzi un colosso di pietra. E sconfitti i nemici, forse non chiede altro che rientrare a casa, sedersi a tavola con Jane a divorare junk food e appoggiare il martello all’appendiabiti.
I toni seriosi, cupi e drammatici da apocalisse sono stemperati dalla vena ironica, beffarda e (auto)citazionista dell’universo Marvel.
Ormai configuratosi come galassia di icone e titoli incrociati che si toccano, si sovrappongono, sforano e penetrano l’uno nell’altro in perfetta continuità. In convergenza, proprio come accade nel film per i varchi temporali e i pianeti allineati. In cui una lattina o un mazzo di chiavi inghiottito da un buco (nero) di gravità terrena rispuntano curiosamente in un altro versante dello Spazio.
Similmente il film, come i prodotti Marvel più recenti e che seguiranno, vive di un polimorfismo rimbalzante di umori e registri diversi. Al tempo stesso prototipo e modulazione di un crossover di eventi, personaggi e generi diversi ma complementari.
Così, la rocambolesca fuga di Loki e Thor da Asgard si inscrive pienamente nel novero del buddy-movie action e battutaro. E trova spazio perfino il comico sbragato e demenziale, con il dottor Selvig a correre nudo e invasato tra i resti di Stonehenge e pianificare controffensive in mutandoni.
Con un trasformismo iconografico liquido, malleabile ma resistente. Perfettamente incarnato nella magnetica e burlona figura di Loki, colto a indossare il costume di Captain America per assicurarsi che non sia troppo attillato (il cameo di Chris Evans prossimo protagonista di Captain America–The Winter Soldier).
Come di consueto, oltre all’impagabile comparsata di Stan Lee, due gustosissime scene bonus dopo i titoli di coda (diciamo solo che la prima introduce il film Guardians of the Galaxy in arrivo nel 2014).
E la promessa che Thor ritornerà, da solo o in compagnia (The Avengers 2 è in cantiere per il 2015). Basterà seguire il martello lanciato in aria, e vedere dove rispunta.