Cantando sotto la pioggia

Regia: Stanley Donen, Gene Kelly
Anno: 1952

Hollywood fine degli anni venti, periodo di transizione dal cinema muto a quello sonoro. Il famoso Don Lockwood (Gene Kelly), attore con un passato di ballerino, musicista e stuntman, fa coppia sullo schermo con un’attrice che non sopporta, Lina Lamont (Jean Hagen).

I due attori del muto cercheranno di adattarsi all’imminente arrivo del sonoro, incontrando però difficoltà dovute alla voce non proprio celestiale di Lina. A porre rimedio al disastro sarà l’amico di Don, Cosmo Brown (Donald O’Connor), che suggerirà di trasformare il film The dueling cavalier  in un musical The Dancing Cavalier e doppiare Lina a sua insaputa con la voce di Kathy Selden (Debbie Reynolds), di cui Don è innamorato. Lina, scoperto l’inganno, cercherà di  sabotare la storia d’amore tra i due ed il futuro di Kathy nel cinema, ma non ci riuscirà.

Anche The Artist (regia di Michel Hazanavicius, 2011) riprende il passaggio dal cinema muto a quello sonoro. I due film hanno sequenze molto simili, ma non identiche: alla fine della proiezione del film pubblicizzato, nel momento in cui i protagonisti salgono sul palco, il protagonista maschile evita di dare spazio (in The Artist) o di far parlare (in Cantando sotto la pioggia) la protagonista femminile, l’unica differenza è la motivazione per cui lo fanno; in entrambi si ha il test sonoro e in entrambi non viene preso sul serio da tutti, cosa che ricadrà su di loro successivamente.

Spesso la critica differenzia il musical inteso come commedia guarnita di canzoni (ad es. i biopics di musicisti), da quello dove storia e numeri musicali si integrano (ad es. i musical di Minelli). Cantando sotto la pioggia può essere inteso a metà tra i due. La sequenza Broadway Ballet è pura messa in scena, scenograficamente molto teatrale; ma si hanno anche numeri integrati con l’azione come in quella di Good Morning.

In conclusione, si tratta di cinema, qualcosa che in teatro non potrebbe rendere allo stesso modo. Non vuole essere un musical innovativo, anzi, è costruito come i musical del passato, non limitandosi a recuperare dal musical classico ma ricreando, riproponendo.

Oltre ai numeri musicali si hanno anche gag non musicali, che allietano ancora di più il film (come nella sequenza del posizionamento del microfono in scena prima delle riprese, in cui puntualmente Lina parla dal lato opposto del microfono).

Narrativamente parlando, il film si potrebbe anche interpretare come una gioiosa satira di Hollywood, dei sui stereotipi e dei suoi miti. Esattamente il contrario di Viale del tramonto (“Sunset Boulevard”, Billy Wilder 1950) in cui Hollywood viene descritta, invece, come una creatura orribile che illude e inganna i suoi attori, illustrandola con una tonalità drammatica, noir.

Infatti in Viale del tramonto Norma Desmond (Gloria Swanson) incarna un fantasma, quello degli ex-divi, che nel passato venivano considerati quasi dei semi-dei. Non a caso la vita dell’ex diva, ormai dimenticata, ha qualcosa di funereo, di obsoleto, ma allo stesso tempo scaturisce un certo fascino verso il protagonista e anche verso lo spettatore.

Non si può non parlare del più noto numero musicale, Singin’ in the rain, che dà il titolo al film e si integra con la storia attraverso un elemento che predomina la sequenza, cioè la pioggia. Poco prima Don, Cosmo e Kathy sono preoccupati e pensierosi in casa, mentre fuori piove. Finito il brano Good Morning, Kathy e Don si lasciano davanti alla casa di lei, dove avrà inizio il brano Singin’ in the rain.

La pioggia è l’emblema di un momento difficile, ma invece di mostrare il superamento del momento (l’idea di trasformare il film in un musical) con un cielo sereno, si continua a utilizzare la pioggia ed a focalizzare sul protagonista che sguazza in essa, da una tranquilla passeggiata, a passi di danza, a salti nelle pozzanghere, a giochetti con l’ombrello e così via.  Esprimendo così non solo la felicità di  poter salvare la sua carriera attraverso l’idea del musical e del doppiare Lina, ma anche la felicità di un uomo innamorato.

Il numero è anche una scena di strada, tipica dei film negli anni ’40, ma qui si capta subito che è falsa, che si tratta solo di un palcoscenico (infatti potremo vedere in molte altre scena la presenza del palcoscenico, nei cosiddetti teatri di posa). Effettivamente, Cantando sotto la pioggia non vuole essere un film che rappresenti la realtà, questo è un film su Hollywood, sul cinema. Il musical ha una natura onirica, esibisce la fantasia, l’irrealtà, il sogno, di conseguenza lo spettatore non cerca la verosimiglianza.

Il brano Singin’ in the rain verrà ripreso successivamente in Arancia meccanica (“A clockwork orange”, Stanley Kubrick 1971), ma fortuitamente: Kubrick suggerì a Malcom McDowell  (nel ruolo di Alex DeLarge) di  canticchiare qualcosa nella sequenza dell’aggressione allo scrittore e alla moglie, poiché aveva l’impressione che mancasse qualcosa e McDowell scelse proprio le note di Cantando sotto al pioggia.