Vitriol

Regia: Francesco De Falco
Anno
: 2012

“Napoli come culla delle cerimonie e di riti d’un tempo vicino che ha visto scemare l’attenzione della sua gente per queste tipologie di esercizi solo nell’ultimo secolo del secondo millennio”. Parola di Francesco De Falco, regista partenopeo del mockumentary attualmente in sala, Vitriol.

Scritto da Giovanni Mazzitelli, questo film o documentario, come preferiamo definirlo, racconta le vicende di Lola Verdis (l’esordiente Roberta Astuti), laureanda in architettura presso l’università Federico II di Napoli, che attraverso una handycam tenta di ricercare le relazioni esistenti tra costruzioni e simbologia massonica presenti negli edifici napoletani durante il periodo borbonico. Aiutata, nella ricerca, dal collega Davide (Yuri Napoli, anche lui alla prima in carriera), la protagonista si imbatterà nel ritrovamento di un antico manufatto, un medaglione che nel corso del film vedremo fare gola a molti e che conduce alla misteriosa realtà legata ad un ordine sconosciuto: L’ordine osirideo egizio.
I misteri si susseguono, tra antichi palazzi e strutture artistiche di una Napoli come non abbiamo mai visto e che guidano i due protagonisti alla ricerca e alla scoperta della mappa per raggiungere la città nascosta,culla della cività umana: Arcadia.

De Falco, al primo vero esperimento cinematografico, dimostra un regia sana, curiosa ed attenta ad ogni aspetto del lungometraggio. La cura con cui ci si dedica alle dimostrazioni artistiche di questa Napoli è ammirabile e il tutto rende con estrema vena poetica la ricerca principale, cuore e ossatura del film. Aiutato da una sceneggiatura positiva e determinante alla realizzazione di una struttura narrativa assolutamente mai scontata, il regista riesce a regalare al nostro paese un prodotto di vero impatto cinematografico e il risultato è senz’altro ottimo; giusto, dunque, l’affiancamento a film internazionali di fama mondiale come Il codice Da Vinci (Ron Howard, 2006) o ai vari Indiana Jones (di cui il primo I predatori dell’arca perduta, Steven Spielberg, 1981), che abbiamo potuto osservare nel corso degli anni.

Bella e interessante l’immedesimazione in cui ci possiamo ritrovare nel corso del film, grazie ad un cast che definiremmo comune e assolutamente under 30, dato importante e necessario a donare fluidità e scorrevolezza al prodotto finale.
Quest’ultimo arricchito notevolmente da scene vere o presunte vere, tramite visione apparenti di sedute spiritiche e interviste a personaggi dal volto coperto, a sottolineare quel beneficio del dubbio che porterà lo spettatore ad un costante tentennamento, l’incessante e soave interesse all’ombra di una verità latente e oscurata da segreti e misteriosi presagi.

La verità come non l’avevamo mai vista, una vera e propria indagine nella storia, perché di questo in fondo si parla, diretto a tutti coloro che già nutrono deciso interesse ma che, possiamo dirlo, difficilmente regalerà ore di svago a tutti quelli vogliano passare una normalissima serata al cinema. Privo, è vero, di effetti speciali o grandi colpi di scena, ma che brilla per la poetica narrazione, che sa tanto di giallo (nella più classica accezione del genere) appagante, senz’altro, per tutti i grandi appassionati di esoterismo in generale.

Risultato positivo, dunque, per un esperimento  appassionante e coinvolgente, francamente ben riuscito. Il lavoro di giovani esordienti che, spinti dall’amore per l’arte, cercano di mostrare al grande pubblico la storia che si cela dietro una delle nostre città più importanti.
Napoli ringrazia e anche noi rendiamo omaggio a questo piccolo, grande prodotto made in Italy.

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