Oltre le colline

Regia: Cristian Mungiu
Anno: 2012

Un film di religione che non parla della religione e racconta una storia d’amore che non parla di amore.

Oltre le colline è l’ultima della sette fatiche di Ercole che il regista rumeno Cristian  Mungiu ha dovuto affrontare per il grande schermo.
Reduce (con successo) dall’ultimo Festival di Cannes con premio per le due attrici protagoniste Cosmina Stratan e Cristina Flutur, il regista presenta una quotidianità fuori dal tempo: una storia di fanatismo religioso, scetticismo, degrado, superstizione e infine amore. O per meglio dire la fine dell’amore.

Un sentimento che fa da cornice, un pretesto che il regista utilizza per filmare una storia ispirata ad un fatto di cronaca che suscitò grande clamore nel 2005 sulla stampa internazionale: un esorcismo, finito tragicamente, in un piccolo e sperduto monastero della Moldavia.

In una chiesa un prete regola la vita di una congrega di monache timorose (di Dio?) e facilmente impressionabili, nella cui comunità piomba una donna (Alina) laica, ex amante (ma ancora innamoratissima) di una delle monache (Voichita), bisognosa di aiuto economico. Alina cercherà in ogni modo di portar via con sé Voichita, ormai legata alla comunità. La giovane innamorata  risponderà al rifiuto dell’amica con rabbia, gelosia e violenza.

Il regista ambienta la pellicola nelle aree rurali della Romania, dove la popolazione vive sotto la soglia di povertà. Ed è in questo contesto da Terzo Mondo degradato e disperato, che la sofferenza viene scambiata per possessione, la fede sostituita con miscredenze e i sentimenti usati come violenza.
Lo stile è nitido, giocato su un fluido susseguirsi di piani sequenza, in cui ogni cosa dal  paesaggio ai personaggi, trovano pittorica collocazione in una storia esemplare quasi in stile crepuscolare.

Due ore e mezza in cui si mescolano melodramma, neorealismo e persino alcuni archetipi horror rivisti e stravolti che viaggiano sui binari di due contrasti: quelli tra una comunità frastornata dall’arrivo di un estraneo (come accade anche in Dogville, 2003 e Manderlay, 2005 di Von Trier)  e il contrasto, affascinante e commovente, tra il candore di un amore che spinge a combattere tutto e prendere le decisioni peggiori e la violenza con la quale è manifestato e represso.

Eppure in questo film qualche difetto c’è: che sia una scelta del regista o meno, alcune scene mostrano una realtà così sottile da creare un ambiente illusorio messo in luce da un tempo lento e lungo. Ottima, in questa senso, l’idea di ambientare la storia in un isolato monastero circondato da colline. Il risultato però è una sceneggiatura (premiata a Cannes) a tratti vuota e ridondante. Vi è una ripetitività ansiosa di alcuni temi, come il senso di colpa di Voichita nei confronti di Dio, che raffredda ogni emozione e riflessione.

Una storia densa quella di Oltre le colline, un film molto difficile e austero sin dai colori del primo frame (la fotografia è di Oleg Mutu). Il regista rumeno non concede nulla allo spettacolo o al sentimentalismo facile, una pellicola (scomoda da seguire) che non offre alcun giudizio. La sensazione rincorrente è quella di aver davanti un cinema lontano dal puro intrattenimento che tenta di ragionare sul mondo, sulle sue domande e che non offre nessuna risposta.
Lo stile impassibile ma intenso, piace sempre alle giurie e ai critici e forse un po’ meno agli spettatori.

Oltre le colline resta comunque un film di buona fattura, non convenzionale, che mette in luce una realtà diversa e lontana dalla nostra; una storia vera figlia di una Romania senza scrupoli che il regista Cristian Mungiu non smette mai di sottolineare.