Le Belve – Savages

Regia: Oliver Stone
Anno: 2012

Sbandati, Sporchi (di sangue) e Cattivi (tanto Cattivi!)

Era dai tempi di Natural Born Killers (1994) che Stone non ci regalava uno spaccato così violento d’America. Tratto dall’omonimo romanzo di Don Winslow, Le Belve è l’ultima fatica del regista statunitense.

Oggi come allora, Stone conduce passo passo lo spettatore in luoghi oscuri, al limite tra il bene e il male e ne Le Belve questo limite è reale. E’ il confine tra l’America buona (ma non tanto) e la Frontiera cattiva, dove i cattivi sono realmente cattivi, i buoni non sono poi così buoni e chi sta in mezzo è forse il peggiore di tutti.

In Natural Born Killers  c’era, e si vedeva, la mano di Quentin Tarantino, qui il regista ha avuto a disposizione lo stesso Winslow come co-sceneggiatore e il risultato è un film intenso, crudo dove amore e odio se le danno al punto di confondersi.

Anche il cast, per nulla scelto a caso, è di tutto rispetto e vede come protagonisti principali Taylor Kitsh (X men – Le origini – Wolverine di Gavin Hood, 2009) nel ruolo di ChonAaron  Johnson, nel ruolo di Ben, che abbiamo avuto modo di apprezzare in una delle più serie parodie sui supereroi degli ultimi tempi (Kick-Ass di Mattew Vaughn del 2010) e la sempre brava Blake Lively (The Town di e con Ben Affleck, 2010) nei panni, a volte molto ridotti, di Ophelia – “O”, la ragazza di cui i buoni – non tanto buoni – Chon e Ben sono innamorati.

Uno, ex S.E.A.L. in Afghanistan, con un cuore grande come una nocciolina, che per souvenir dall’esotico Paese riporta semi di marijuana, l’altro, neo hippy, mistico, col pallino della botanica e degli affari che mette su un giro di droga talmente buono da attirare le attenzioni dei cattivi – davvero cattivi – che vivono oltre il Confine.
Se i buoni – non tanto buoni – hanno le facce dei ragazzi per bene che si infilano in un mare di guai, i cattivi – davvero cattivi – sono stati oltremodo caratterizzati da Stone. Forse in maniera eccessiva. Quasi caricaturale.

Salma Hayek ( Once upon a Time in Mexico di Robert Rodriguez, 1997) è Elena Sanchez, mente, guida e Madrina del cartello messicano che farà di tutto per “acquisire” il giro che i due buoni – non tanto buoni – ragazzacci di Laguna Beach hanno messo su. Anche far rapire “O” per convincere Chon e Ben a collaborare.
Stone l’ha voluta un po’ Mia Wallace (indimenticabile personaggio interpretato da Uma Thurman in Pulp Fiction (Quentin Tarantino, 1994) e da cui sembra che Stone abbia preso, evidentemente, ispirazione) e un po’ Scarface (di Martin Scorsese e dello stesso Stone per la sceneggiatura, 1983). Donna crudele, madre rifiutata e in competizione con una giovane rivale.

Braccio armato di Elena, un altro bad guy di Hollywood: il sempre efficace Benicio del Toro – che si muove con particolare dimestichezza in ruoli borderline come nel bellissimo 21 grammi di Alejandro Gonzales Inarritu del 2003 questa volta alle prese col personaggio di Lado, spietato, vouyer per diletto e, neanche a dirlo, cattivo – davvero cattivo.
Nel mezzo, tra bene e male, l’agente della DEA Dennis. Un John Travolta che, dopo decine di parti da eroe buono o quasi (tra tutti il recentissimo From Paris With Love di Pierre Morel del 2010 ), si confronta oggi con un personaggio ondivago e bieco come solo chi non sa da che parte stare può essere.

Oliver Stone, che sembra avere una particolare predilezione ad affrontare il Male in qualsiasi forma questo si manifesti, lo ha fatto oggi con Le Belve in maniera completamente diversa che in altri suoi lavori. Se, ad esempio, nella trilogia sul Vietnam (Platoon 1986; Nato il Quattro Luglio, 1989 e Tra Cielo e Terra, 1993) si è confrontato con il Male/Guerra  facendoci prima rabbrividire davanti al suo orrore , poi facendoci capire gli errori fatti ed, infine, cercando di farci raggiungere la pace, ne Le Belve il Male è tanto negli occhi dei cattivi quanto in quelli dei buoni.

Niente morale, niente ripensamenti, tranne forse il colpo da vecchia volpe che ha riservato per il finale e l’interessante analisi su chi sia realmente selvaggio.
Il film è intenso, violento, ad alto contenuto di THC tanto nelle riprese che nei pensieri dei protagonisti. La fotografia, affidata al sudafricano Daniel Mindel (Star Trek di J.J. Abrams, 2009) è perfetta per la pellicola. Niente sconti per buoni e cattivi. Aspra, dura come certe scene.

Due ore di violenza mitigata solo dagli sguardi tra gli amati e negli occhi di chi, giunto alla fine, non ha più nulla da perdere.

Da vedere.

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