Bellas Mariposas

Bellas Mariposas

Regia: Salvatore Mereu
Anno: 2012

Costantinos Gravas, al secolo Costa-Gravas, sostiene che praticamente quasi tutto il cinema mondiale moderno è figlio del Neorealismo Italiano. Come dargli torto. Bellas Mariposas non fa eccezione.

Almeno per alcuni tratti pennellati con decisione e delicatezza da Mereu. E poi per le splendide Mariposas, farfalle, che sono le due piccole attrici esordienti di conseguenza non professioniste. Sara Podda (Cate) la nostra piccola narratrice che parla direttamente con il pubblico, e Maya Mulas (Luna) l’amica, strepitose entrambe. Di non professionisti nel film ce ne sono altri e per questo restituiscono tutta la loro naturalezza e credibilità. La scelta della narrazione in prima persona, con il pubblico come interlocutore, è probabilmente penalizzante, il vero grande difetto del film. Cate con disinvoltura ci dice tutto, forse troppo, e ci fa vedere tutto, che però al confronto è poco.

Una sorta di Io ballo in compagnia, sardo, ma non necessariamente. La Sardegna è luogo di passaggio, nel senso che la storia cruda ma delicata, piena di spregiudicatezza e frastuono dell’anima, amara e così reale da sembrare finta, è la stessa che potremmo trovare in molte periferie di molte città del Bel Paese. Da nord a sud. Con umanità varia che si incontra e che si scontra, si sfiora e si annussa, si suicida lentamente o vive in attesa di morire rapidamente.

La storia forse non decolla del tutto, alcuni personaggi sfilano veloci e corrosivi, altri affannano e respirano a fatica. Il fil rouge che unisce i personaggi e le vicende, è l’amicizia fra due piccole amiche. Amiche che scopriranno poi di essere sorelle. Vicende e personaggi, tanti fratelli che circolano variamente per lo squallido appartamento di uno squallido quartiere di una città che in realtà potrebbe e dovrebbe essere molto bella. Peccato si veda poco. Rapporti sessuali consumati in un autobus abbandonato in un campo, che fa molto Africa degradata. Spari mancati, tesori trovati, gite al mare, scherzi e goliardate. Speranze. Degrado. Il degrado che gira intorno a Cate, a Luna e all’autobus, il terzo protagonista del film. Se in un altro film un adulto malato di masturbazione avesse un rapporto orale con una bambina, questo basterebbe a reggere la trama del film per intero, in Bellas Mariposas è solo un tratto dell’affresco, che ha dei colori molto intensi a metà fra Rosso Fiorentino e Goya, anche se solo in alcuni passaggi.

Qualcuno ha parlato anche di realismo magico. Mi piace definirlo realismo disincantato, o neorealismo di ritorno o ancora meglio realismo entropico. C’è molta entropia. Sia nel filo della storia sia in quello della narrazione. Alcune cose collimano altre vanno in collisione, ma del resto così è anche la vita. Più di una scena sembra montata per giustificarne un’altra che si vedrà successivamente. Ma anche questo somiglia alla vita. Il film merita di essere visto anche se ha mancato in pieno il centro. Forse troppo diluito nella parte centrale, un finale che diventa precipitoso, con dei colpetti di scena, che sciolgono alcuni nodi, ma non lasciano il segno.

Il bruco alla fine diventa farfalla ma a fatica.